
Il Rwanda mi ha insegnato davvero molto sul caffè, sulla terra e sull’amore per la materia prima.
Ecco cosa è successo e cosa ho imparato!
A gennaio sono stata chiamata, insieme a Alberto Polojac e Francesco Masciullo, da ICU (Istituto per la Cooperazione Universitaria Onlus) per partecipare alla missione di una settimana per la formazione dei responsabili delle Washing Station del paese.
La missione fa parte di un più ampio progetto, portato avanti ormai da dieci anni, riguardo la Coffee Value Chain Development, ovvero l’aumento del valore della filiera del caffè.
L’obiettivo è quello di migliorare la qualità e la quantità del caffè prodotto da piccoli agricoltori, rafforzando le aziende e le cooperative di lavorazione del caffè per costruire imprese più sostenibili, facilitando l’accesso ai finanziamenti e aumentando la visibilità del caffè ruandese sul mercato internazionale.
Per questo ICU lavora con oltre 12.000 agricoltori e 20 stazioni di lavaggio del caffè in 12 distretti nazionali.
Detto ciò, il nostro ruolo era proprio quello di formare le Washing Station, quindi le cooperative alle quali i coltivatori portano i frutti del caffè, per lavorarli e ottenere i chicchi pronti per l’esportazione. Sia per incrementare la qualità dei raccolti e delle lavorazioni, sia per renderli consapevoli del reale valore del loro caffè e quindi venderlo ad un prezzo giusto.
Ma la sorpresa è che loro hanno imparato da noi trainer tanto quanto noi abbiamo imparato da loro!
Cosa ho imparato
1.Riconoscere i difetti del caffè è un lavoro snervante
La fase forse più noiosa e che richiede maggiore pazienza è proprio quella di selezione: dover star lì a guardare chicco per chicco e rimuovere tutti quelli difettati, categorizzarli, contarli e assegnarli il punteggio è davvero estenuante.
Non invidio minimamente le figure addette, che per permettere a noi di bere un ottimo caffè, prendono chicco per chicco e rimuovendo i difettati.

2.La qualità è oggettiva, mai soggettiva!
Non ci vuole studio, conoscenza o esperienza per riconoscere un caffè di qualità da uno scadente, lo si vede a colpo d’occhio!
Per questo ci tengo sempre a dire che la qualità non è una questione soggettiva, ma è valutabile a livello OGGETTIVO!
Oltre al tuo gusto personale infatti, bisogna valutare la bontà dei chicchi, il numero di difetti, di contaminazioni e quello che possono esprimere una volta tostati ed estratti.
Se sa di cenere, muffa, patata, legno o altro similare, puoi dire quello che vuoi, ma non è di qualità!
Se i chicchi sono acerbi, rotti, vuoti, ammuffiti, marci o infestati da insetti, non importa se poi in tazza tutto sommato ti piace, è comunque un caffè scadente!
Ecco giusto alcune immagini di esempio!


Vedete che nella prima foto ci sono legni, chicchi marci e secchi, marroni invece che verdi, con anche presenza di corpi estranei? Ecco questo è un caffè che in tazza produrrà solo tanti aromi negativi e davvero fastidiosi, come grande amarezza, astringenza, note di legno bruciato e muffa, umido e sentori metallici.
Anche nella seconda foto si può vedere sulla sinistra dei chicchi selezionati, omogenei, chiari e puliti, mentre sulla destra il lotto non selezionato, ancora pieno di difetti.
3.Lungo la filiera bisogna saper fare un po’ di tutto
Un coltivatore non si può limitare alla semina e raccolta, un tostatore non si può limitare alla cottura e un barista non si può fermare alla preparazione di un buon caffè.
Ad esempio un coltivatore deve anche saper come si lavora e processa il caffè dopo il raccolto, se vuole ottenere chicchi di qualità e adatti ai diversi metodi di lavorazione.
Chi lavora il frutto raccolto deve anche saper tostare e degustare il caffè in modo altamente professionale.
Come potrebbe sapere se ha lavorato bene o male, se non sa cuocere il chicco per poterlo assaggiare e se non sa come si degusta un caffè?
Un tostatore deve essere anche un abile barista e degustatore, oltre che conoscitore della materia prima per poterla cuocere al meglio e secondo le esigenze specifiche di quel lotto.
E così anche il barista deve conoscere il prodotto tostato e come lo si deve preparare e degustare, per poter controllare che abbia fatto un buon lavoro!

4.Anche in un paese considerato “povero” l’espresso costa più che in Italia
Il Rwanda è in realtà uno stato molto sviluppato dell’Africa, dove mediamente la popolazione sta bene, ha lavoro e servizi accessibili.
Certo ciò è molto più semplice trovarlo nella città principale, piuttosto che nelle comunità rurali, ma comparato ad altri stati africani il Rwanda è mediamente molto sviluppato.
Se comparato invece all’Italia ancora mancano alcune tutele e servizi disponibili alla grande maggioranza delle persone, con stipendi molto più bassi rispetto a noi ed un costo della vita non così tanto più basso.
Nonostante tutto questo anche in Rwanda l’espresso costa più di € 1,00!
Com’è possibile che solo in Italia siamo così legati ad un prezzo basso della tazzina?
Guardate infatti la bellezza dei loro locali, nello specifico qui eravamo a Kivu Noir:

5.Le donne Rwandesi sono forti, emancipate e alla guida di molti business
Questa è stata forse una delle cose che più mi ha sorpreso!
Senza troppa educazione sulla parità di genere, le donne rwandesi sono considerate al pari degli uomini, tanto che sono forti e indipendenti, gestiscono locali, famiglie e attività di successo, svolgono qualsiasi tipologia di lavoro e portano davvero differenze e cambiamenti strutturali nelle loro comunità.
Ho visto donne nei cantieri lungo le strade o come camioniste, le ho viste collaborare con gli uomini nelle scuole e negli ospedali, le ho viste a capo di enti governativi di ricerca e sviluppo, di team legati all’innovazione e alle infrastrutture e ovviamente anche a capo di piantagioni e washing station.
Ecco un esempio: Agnes del centro di lavorazione di Nova coffee, facente parte del Women in coffee project e attiva sullo sviluppo della sua comunità.
Intorno alle piantagioni e alle cooperative infatti si sviluppano interi villaggi popolati dai lavoratori delle stesse.
Agnes ha per questo costruito case, pozzi e ospedali, oltre che ad un asilo gratuito nel quale tutte le sue dipendenti e non solo possono lasciare i figli tra i 2 ed i 6 anni durante la giornata lavorativa.
Inoltre organizza serate e incontri per educare le persone alla crescita sana dei figli, alla parità di genere e all’importanza dello studio prima che del lavoro!
Ecco qualche foto:




6.Le drupe di caffè durante l’essiccazione sprigionano un profumo intenso e buonissimo
Vorrei potervi portare tutti con me in una piantagione per farvi sentire il profumo dei frutti di caffè.
Si inizia a percepirlo sotto nuove vesti: non più come una bevanda scura e amara, ma come qualcosa figlio della natura, un frutto dolcissimo e vivace!

7.Chi lavora nel caffè lo fa con passione
Per questo ultimo punto riporto le parole di Toussaint, uno dei nostri compagni di formazione, nonché proprietario della washing station Coocamu:
“È un vero privilegio essere circondati da persone che comprendono e apprezzano veramente la bellezza del caffè. Il quinto giorno abbiamo avuto la meravigliosa esperienza di esplorare insieme la lavorazione del caffè. Alberto, Martina e Francesco ci hanno fatto scoprire tre metodi diversi: il lavato, l’honey e il naturale. È incredibile come il caffè crei relazioni e ci unisca in tutto il mondo!”
È vero!
Quando lavori il caffè in questo modo, la passione e l’amore sono tangibili. Immediatamente troviamo la cosa che ci accomuna tutti, la lingua comune e il desiderio di comunicarlo, perché alla base del caffè ci sono proprio le relazioni umane e la condivisione.





Grazie a tutti per questa incredibile esperienza!
Marketing, E-commerce e Social Media Manager
Coffee Lover