Acrilammide e caffè: cosa sappiamo finora (e cosa resta da chiarire)

I maestri della tostatura media

Negli ultimi anni il tema dell’acrilammide nei cibi, e soprattutto nel caffè, ha suscitato molto interesse e qualche preoccupazione. Ma dobbiamo davvero preoccuparci quando beviamo un caffè?

In questo articolo esploreremo:

L’obiettivo è dare un quadro aggiornato, equilibrato e con riferimenti alle principali ricerche scientifiche, senza allarmismi ingiustificati.

L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma in modo non intenzionale durante processi di cottura ad alte temperature in alimenti ricchi di carboidrati, in particolare quando si attiva la reazione di Maillard (ossia la “brunitura” dovuta all’interazione fra zuccheri riducenti e aminoacidi, in particolare l’asparagina).
– European Food Safety Authority

L’EFSA infatti segnala che l’acrilammide è “probabilmente presente negli alimenti da quando esistono le cotture”.

Mentre le agenzie internazionali (IARC, NTP, EPA) considerano l’acrilammide come probabile cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2A).
Tuttavia, la classificazione “probabile” non implica certezza: è un’indicazione che c’è potenziale rischio sulla base di studi sugli animali o evidenze limitate, ma ancora nessuna conferma definitiva.
– Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, Critical Reviews in Food Science and Nutrition

Nell’ambito della reazione di Maillard, l’acrilammide può formarsi a temperature superiori a 120°C, in presenza di zuccheri riducenti e dell’aminoacido asparagina.
– ResearchGate, SAGE Journals e U.S. Food and Drug Administration

Per intenderci… hai presente quando il pane tostato si scurisce o la carne si caramella in superficie? Ecco è in quel momento che si crea l’acrilammide.

Nel caffè, l’acrilammide è generata durante il processo di tostatura dei chicchi.

In particolare nei primi stadi di tostatura (“light roast” o “beginning roast”) si osservano spesso i picchi più alti di formazione di acrilammide, perché la reazione di Maillard è attiva e ancora non troppo distrutta da degradazione termica.
– ScienceDirect e SAGE Journals

Se la tostatura procede ulteriormente verso il livello medio e/o scuro, parte dell’acrilammide può degradarsi o reagire con altre sostanze, riducendo così il contenuto finale.

Il livello di acrilammide nel prodotto finale non dipende però solo dal livello di cottura, ma anche dal tipo di chicco, dall’umidità residua, dalla dimensione del chicco e dal protocollo di raffreddamento.

Ma c’è anche un altro importantissimo dato da citare per avere il quadro completo della situazione: nel caffè in tazza, espresso o filtro che sia, questa sostanza analizzata è molto bassa, diluendosi con l’acqua e in parte evaporando durante la preparazione della bevanda.

Per darti un’idea, uno studio citato da Sprudge parla di circa 0,45 µg (milligrammi) di acrilammide per tazza, mentre risultano quantità molto più elevate in altri alimenti cosiddetti “da forno”.

Negli studi eseguiti su topi ad alte dosi, l’acrilammide ha indotto tumori in vari organi e ha mostrato capacità mutagena (tramite il suo metabolita reattivo, la glicidamide)
– ResearchGate, Istituto Nazionale Tumori e SAGE Journals

Da ciò derivano le attuali valutazioni di rischio, ma è importante sottolineare che le dosi somministrate negli esperimenti sono spesso molto più alte delle esposizioni umane ordinarie.

Anche ricerche più recenti (2023 / 2025) continuano a sottolineare che le prove sono inconcludenti, e alcune relazioni positive osservate sono deboli, occasionali o limitate a sotto-gruppi specifici.
– SAGE Journals, PMC e MDPI

Il National Cancer Institute (NCI) inoltre afferma che, anche se l’acrilammide è convertita nel corpo in glicidammide, che può danneggiare il DNA, gli studi epidemiologici non hanno dato prove consistenti che i livelli alimentari siano associati a rischio tumorale certo.

E ancora, l’American Cancer Society, in “Coffee and Cancer: What the Research Really Shows,” riporta che grandi studi del 2011 e 2014 hanno riassunto l’evidenza umana “non concludente” circa l’associazione tra acrilammide dietetica e cancro.

In generale, la visione prevalente è che:

se esiste un effetto, è molto debole e potrebbe essere confuso da errori di stima dell’esposizione, fattori confondenti, variabilità individuale, ecc.

È poi interessante notare il “paradosso del caffè”: nonostante il caffè contribuisca all’esposizione di acrilammide, diversi studi osservazionali mostrano al contrario un’associazione inversa, ossia protettiva, tra il consumo di caffè e alcuni tumori, come quello al fegato o all’utero, o una diminuzione della loro mortalità generale.
– American Institute for Cancer Research e PMC

In una dieta mediterranea “media”, l’acrilammide viene assunta da varie fonti, in particolare alimenti amidacei o zuccherini sottoposti a cottura ad alta temperatura.

Ecco i principali:

  • Patate fritte, chips, patate al forno, le quali rappresentano uno dei contributi maggiori in molte popolazioni.
  • Pane tostato, grissini, crostini, biscotti, cereali da colazione tostati, crackers, prodotti da forno in generale (specialmente se ben dorati)
  • Prodotti da forno dolci (biscotti, fette biscottate, torte) cotti ad alte temperature
  • Olio d’oliva e vegetali non sono fonti primarie, ma in processi di conservazione (es. olive candite, olive in salamoia con processi termici)

– American Institute for Cancer Research, U.S. Food and Drug Administration, Cambridge University Press & Assessment

A confermare ancora una volta che il caffè contribuisce in quantità minore, troviamo una revisione su “A Review on Acrylamide in Food: Occurrence, Toxicity, and Mitigation” la quale ricorda come alimenti amidacei sottoposti a cottura calda costituiscano le fonti principali di ingestione.

Quindi, dal punto di vista “macro-dieta”, il contributo del caffè è solo una parte (e spesso non quella dominante) dell’esposizione totale a acrilammide.

Un’affermazione frequente è che “più scuro è il caffè, meno acrilammide contiene” e dunque che le tostature “nere” sarebbero più sicure.
Ma questa semplificazione è fuorviante. Ecco perché:

Come accennato, la formazione e la degradazione dell’acrilammide avvengono durante la tostatura: nei primi stadi, la reazione di Maillard è favorevole alla formazione; ma, con ulteriori temperature e tempi, parte dell’acrilammide può degradarsi o reagire con altre molecole. Quindi la relazione “maggiore scuritura, meno acrilammide” vale solo entro certi limiti, non è universale.

Una tostatura molto scura può favorire la formazione di altre molecole potenzialmente irritanti o tossiche: ad esempio composti aromatici volatili reattivi, furani, composti policiclici aromatici. Quindi ridurre l’acrilammide non significa automaticamente rendere il caffè “più sicuro” sotto ogni aspetto.

Tostature eccessivamente scure possono degradare aromi, elementi volatili e profili desiderabili del caffè, alterando l’esperienza complessiva (non è solo una questione chimica).

La varietà botanica, la composizione chimica del chicco (contenuto di zuccheri, umidità, dimensione) influiscono molto sul comportamento: due chicchi diversi a stessa temperatura possono avere concentrazioni di acrilammide diverse. Quindi non esiste una “tostatura unica” che garantisca la riduzione della sostanza per ogni varietà di caffè.

Anche dopo la tostatura, modalità di macinazione, tempo di contatto con l’acqua, dosaggio e modalità di estrazione (espresso, filtro, cold brew, ecc.) possono influenzare la quantità effettiva di acrilammide portata in tazza.

In definitiva, parlare di “tostatura scura = più sicura” è un’eccessiva semplificazione. Una tostatura ben modulata, con controlli su tempo/temperatura, appare più sensata che “scurire al massimo” i chicchi.

Non esistono prove umane convincenti che l’acrilammide alimentare, alle dosi tipiche, causi un aumento noto e consistente del rischio di cancro.

Tuttavia, dato che l’acrilammide è considerata un potenziale rischio (classificazione “potenziale”), è sensato adottare strategie di limitazione quando possibili, soprattutto nei processi industriali e nelle scelte alimentari in generale, non solo considerando il caffè.

Nel caso del caffè, il rischio “supplementare” da acrilammide è probabilmente modesto e viene, in parte, compensato da composti benefici (antiossidanti, polifenoli, altri meccanismi protettivi).

Quindi non ha senso demonizzare il caffè per questo motivo.

Per i lettori del blog, è utile ricordare che il vero “rischio” da monitorare è il comportamento complessivo: stile di vita, consumo di cibi ultra-processati, fumo, esposizioni ambientali, ecc. L’acrilammide è un tassello (potenzialmente importante) ma non l’unico né il più forte.

Fonti principali consultate:

  • EFSA, Scientific Opinion on Acrylamide in Food (2015)
  • IARC Monographs, Some Industrial Chemicals (Vol. 60, 1994)
  • National Cancer Institute (NCI), Acrylamide and Cancer Risk Fact Sheet
  • American Cancer Society, Coffee and Cancer: What the Research Really Shows
  • Food Chemistry, LWT – Food Science and Technology, Critical Reviews in Food Science and Nutrition
  • FDA, Survey Data on Acrylamide in Food

Marketing, E-commerce e Social Media Manager
Coffee Lover

Author

Martina Mazzoleni

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